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mercoledì 23 settembre 2020

Giordano Bruno - Il candelaio

Giordano Bruno - Il candelaio
Editore: Einaudi
Edizione: 5
Anno edizione: 1981
In commercio dal: 1 gennaio 1997
Pagine: 195 p.
EAN: 9788806064457
Commedia in cinque atti scritta probabilmente a Parigi nel 1582. La commedia, nella sua storia iniziale e nell'apparato di cui si circonda, pare un episodio della guerra condotta dal Bruno contro l'accademismo, il conformismo e la pedanteria. La trama si annoda su tre motivi: "sono tre materie principali, spiega l'autore, intessute insieme... l'amor di Bonifacio, l'alchimia di Bartolomeo et la pedanteria di Manfurio; però per la cognizion distinta de' soggetti, ragion dell'ordine et evidenza dell'artificiosa stesura, rapportiamo prima da per lui l'insipido amante, secondo il sordido avaro, terzo il goffo pedante".
«Con questa filosofia l'animo mi s'aggrandisse, e me si magnifica l'intelletto. Però, qualunque sii il punto di questa sera ch'aspetto, si la mutazione è vera, io che son ne la notte, aspetto il giorno, e quei che son nel giorno, aspettano la notte; tutto quel ch’è, o è qua o là, o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto o tardi. Godete, dunque, e, si possete, state sana, ed amate chi v’ama.»
(Candelaio 1994, p. 7, dedica)
In quegli anni il filosofo soggiornava nella città di Parigi sotto la protezione di Enrico III di Francia, occupando un posto di prestigio nel collegio accademico reale.
Alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco e colorito che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, un linguaggio denso di metafore, allusioni oscene, sottintesi, citazioni e storpiature linguistiche, corrisponde una trama eccentrica e complessa, fondata su tre storie principali, quelle di Bonifacio, Bartolomeo e Manfurio. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.
Nella commedia, dove Bruno definisce se stesso un «accademico di nulla accademia», è mostrato un mondo assurdo, violento e corrotto, rappresentato con amara comicità, dove gli eventi si succedono in una trasformazione continua e vivace.
La commedia è ambientata nella Napoli-metropoli del secondo Cinquecento, di cui abbiamo, come rileva Pasquale Sabbatino, il ritratto cartografico disegnato da Du Pérac e stampato da Antoine Lafréry a Roma nel 1566 e la descrizione di Giovanni Tarcagnota, Del sito, et lodi della città di Napoli, apparsa a Napoli, nello stesso anno, presso Scotto. Le scene si svolgono presso il seggio del Nilo, uno dei distretti amministrativi del tempo, situato presso il decumano inferiore e vicinissimo alla piazza San Domenico Maggiore, dove Giordano Bruno seguì il suo percorso ecclesiastico.
Bonifacio, marito di Carubina, confida a Bartolomeo di essere innamorato della signora Vittoria, in realtà una prostituta, che vorrebbe conquistare senza dover ricorrere al denaro. Bartolomeo, un alchimista, gli confida a sua volta di avere anche lui un sogno: trasformare in oro e argento i metalli. Il pedante Manfurio, cui Bonifacio commissiona la scrittura di un'epistola amorosa, si esprime con frasi fatte e citazioni latine parlando a sproposito e mostrando di non comprendere quello che gli succede intorno. Sprezzante e sarcastico il rimprovero di Sanguino, servo di Bartolomeo, nelle cui parole riecheggia tutto il dispregio di Bruno per il mondo accademico dell'epoca:
«Mastro, con questo diavolo di parlare per grammuffo o catacumbaro o delegante e latrinesco, amorbate il cielo, e tutt'il mondo vi burla.»
(Sanguino: atto I, scena V)
Bonifacio, sempre per lo stesso fine, commissiona all'artista Gioan Bernardo un ritratto che lo «faccia bello»; Gioan Bernardo promette ma nello stesso tempo lo prende in giro: «da candelaio volete diventar orefice»[5], con allusione oscena al cambiamento di gusti sessuali, ma Bonifacio non intende. Non contento e sempre innamorato, Bonifacio ricorre anche a Scaramuré, un mago.
Onore non è altro che una stima, una riputazione; però sta sempre intatto l'onore, quando la stima e riputazione persevera la medesima. Onore è la buona opinione che altri abbiano di noi: mentre persevera questa, persevera l'onore. E non è quel che noi siamo e quel [che] noi facciamo, che ne rendi onorati o disonorati, ma sì ben quel che altri stimano, e pensano di noi. (Gioan Bernardo: atto V)
Cosa è questo primo lavoro? Una commedia, il Candelaio. Bruno vi sfoga le sue qualità poetiche e letterarie. La scena è in Napoli, la materia è il mondo plebeo e volgare, il concetto è l'eterna lotta degli sciocchi e de' furbi, lo spirito è il più profondo disprezzo e fastidio della società, la forma è cinica. È il fondo della commedia italiana dal Boccaccio all'Aretino, salvo che gli altri vi si spassano, massime l'Aretino, ed egli se ne stacca e rimane al di sopra. Chiamasi accademico di nulla accademia, detto il Fastidito. Nel tempo classico delle accademie il suo titolo di gloria è di non essere accademico. Quel fastidito ti dà la chiave del suo spirito. La società non gl'ispira più collera; ne ha fastidio, si sente fuori e sopra di essa. (Francesco De Sanctis)
https://it.wikipedia.org/wiki/Candelaio

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