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venerdì 9 aprile 2021

#PasseggiArte2021parolesenzatempo. Mario Benedetti - La tregua

“Signore maturo, esperto, posato, quarantanove anni, senza gravi acciacchi, ottimo stipendio”: cosí si descriverebbe Martín Santomé, il protagonista di questo classico della letteratura sudamericana. Schiacciato dalla noia di una vita da impiegato di commercio, vedovo con tre figli ormai grandi, guarda al trascorrere del tempo con tranquilla disillusione. E tutto rimarrebbe immobile fino al suo pensionamento, se in ufficio non venisse assunta la giovane Avellaneda, timida e chiusa in una silenziosa bellezza: per lei Santomé sente nascere un amore insperato, che lo porterà a vivere una relazione clandestina, rimettendo il tempo in movimento. Come Svevo in Senilità, La tregua racconta la capacità straordinaria che ha la vita di prendere il vento e gonfiare le vele, per poi, caduto il vento, tornare alla quiete della bonaccia. Con questo romanzo Benedetti ha acquistato notorietà internazionale: il libro ha avuto piú di cento edizioni, è stato tradotto in una ventina di lingue e adattato per il teatro, la radio, la televisione e il cinema. www.edizioninottetempo.it
Mario Benedetti
La tregua
ISBN 9788874525188
Data di pubblicazione: 16-10-2014
N. Pagine: 248
Formato libro: 14x20
Traduzione di Traduzione di Francesco Saba Sardi
Uscito nel 1960, La tregua è un “piccolo classico della letteratura sudamericana“, riscoperto oltre quarant´anni dopo grazie alla pubblicazione da parte dell´editore nottetempo (con la traduzione di Francesco Saba Sardi).
Quello che leggiamo è il diario di Martín Santomé: quarantanovenne di Montevideo, vedovo con tre figli, impiegato di commercio prossimo alla pensione.
Tutto è stato sempre troppo obbligatorio perché potessi sentirmi felice.
Una voce disincantata, malinconica, la voce di un uomo fondamentalmente molto solo che si costringe a far scorrere la vita senza grandi scossoni, emozioni e coinvolgimenti. Eppure gli scossoni arrivano che lo si voglia o no, emozioni e coinvolgimenti anche.
Nel suo ufficio vengono assunti nuovi impiegati, tra cui Laura Avellaneda, ventiquattrenne che liquida inizialmente come trascurabile, per poi innamorarsene follemente (e da lei ricambiato). Così vediamo Santomé lasciarsi poco a poco andare, abbandonarsi a un sentimento che quasi gli sembra nuovo: un sentimento che si nutre di presente, che resta sempre discreto pur facendosi sempre più intenso.
Abbiamo mangiato. Parlato. Riso. Fatto l´amore. È andato tutto talmente a gonfie vele, che non vale la pena di scriverne. Mi sto ripetendo: “Fa´ che duri,” e per fare pressione sul buon Dio tocco legno.
La loro relazione inizia come clandestina, anche per via della differenza d´età. Santomé tituba e si chiede se le tue remore riflettano un grande amore nei confronti di Avellaneda o siano, piuttosto, fatte d´egoismo ed inerzia.
C´è quella che si chiama realtà, e ci sono quelle che si chiamano le apparenze. […] Io la amo a livello di quella che si chiama realtà, ma i problemi si pongono quando penso a quelle che si chiamano apparenze.
Ma ciò non gli impedisce di affittare ed arredare un appartamentino solo per loro due, non gli impedisce nemmeno di passeggiare insieme per le vie della città, sfilando davanti alla Suocera (ovvero la madre della defunta moglie).
Avellaneda — chiamata sempre per cognome da Santomé — è un personaggio straordinario, così sperduta e delicata, che ama di un amore così ingenuo e tuttavia (o forse proprio per questo) così tenace. È lei, più che Santomé, a rendere questo romanzo eccezionale.
A volte ho l´impressione che Avellane da sia come uno stampo che mi si è sistemato nel petto e che lo dilati e lo renda ogni giorno un po´ più capace di provare emozioni.
La scrittura di Benedetti è asciutta eppure lirica, sembra dire poco ma suggerisce tantissimo. E sarà per la forma diaristica, che in qualche modo stimola l´empatia, ma soprattutto le ultime pagine — quelle che seguono il colpo di scena che proprio non ci si aspetta — fanno cadere d´improvviso sul lettore una sensazione di struggimento fuori dal comune.
La tregua è un libro dolente e doloroso, davvero a suo modo un piccolo capolavoro.
È evidente che Dio mi ha riservato un destino oscuro. Non proprio crudele. Semplicemente oscuro. È evidente pure che mi ha concesso una tregua. www.elisaocchipinti.com

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