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venerdì 15 gennaio 2021

Il crepuscolo degli idoli libro di Friedrich Nietzsche

Copertina della prima edizione del 1889
1ª ed. originale 1889
Sottogenere filosofico
Il crepuscolo degli idoli (titolo originale Götzen-Dämmerung) è un libro di Friedrich Nietzsche, scritto nel 1888, e pubblicato nel 1889.
Originalmente intitolato Ozio di uno psicologo, fu poi rinominato Crepuscolo degl'idoli; come si filosofa col martello. Quest'ultimo titolo, in tedesco, è un gioco di parole sul titolo di un'opera di Richard Wagner, Il crepuscolo degli dei (Götterdämmerung).
Nietzsche critica la cultura tedesca dell'epoca, bollandola come grezza e lancia alcune frecciate di disapprovazione anche alle figure culturali della Francia, della Gran Bretagna e dell'Italia. Contro questi presunti rappresentanti della decadenza culturale, Nietzsche plaude a Cesare, a Napoleone, a Goethe, a Dostoevskij, a Tucidide ed ai Sofisti, visti come tipi umani più forti e più sani. In questo libro, Nietzsche espone la trasvalutazione di tutti i valori, quale suo ultimo e più importante progetto e dà una lettura del passato, nella quale, per una volta, i Romani prevalgono sui Greci, anche da un punto di vista culturale.
Egli stabilisce, all'inizio della sezione Il problema di Socrate, che il valore della vita è inestimabile ed ogni giudizio relativo ad esso rivela la tendenza a negare la vita o ad affermarla. Egli prova a mostrare come i filosofi da Socrate in poi fossero decadenti ed usassero la dialettica come uno strumento per l'autoconservazione, mentre l'autorità della tradizione perdeva, via via, d'importanza. Nel capitolo I quattro grandi errori, suggerisce che la gente, soprattutto i Cristiani, confonde l'effetto con la causa e che essi proiettano il proprio ego, la propria soggettività sulle altre cose, così creando il concetto illusorio dell'essere e, quindi, anche di Dio. Nietzsche critica il concetto di responsabilità e di volontà e suggerisce come tutto sia necessario in un'unità che non può essere né giudicata né condannata.
Nel proporre che il concetto di "libero arbitrio" sia un'illusione, egli conclude che ciò che la gente, solitamente, considera "vizio" altro non sia, in effetti, che "l'incapacità di non reagire a uno stimolo". Alla luce di ciò, il concetto di "moralità" diventa un mero strumento di controllo: «la dottrina del volere è stata inventata essenzialmente allo scopo di punire, ossia allo scopo del voler trovare colpevoli».
Crepuscolo degli idoli. Ovvero: come si filosofa col martello
«Gli uomini vennero pensati «liberi» [...] perché potessero diventare colpevoli: di conseguenza ogni azione doveva esser pensata come voluta, e l'origine di ogni azione riposta nella coscienza. [...] Oggi che siamo entrati nel movimento inverso, e che soprattutto noi immoralisti cerchiamo con tutte le forze di spazzar via dal mondo il concetto di colpa e il concetto di punizione e di purificare da essi la psicologia, la storia, la natura, le istituzioni e le sanzioni sociali, non esiste ai nostri occhi opposizione più radicale di quella dei teologi, che con il loro concetto di «ordinamento morale del mondo» continuano a contaminare l'innocenza del divenire per mezzo della «punizione» e della «colpa».
Il Cristianesimo è una metafisica del boia...» wikipedia
"La mia filosofia in compendio, un sommario buttato giù con grande temerità e precisione di tutte le mie eterodossie filosofiche più essenziali." Così Nietzsche definisce il Crepuscolo degli idoli in cui espone la teoria della "transvalutazione dei valori" fondata sulla dottrina della "volontà della potenza".
Errore della confusione tra la causa e l’effetto. — Non vi è errore più pericoloso di quello di confondere l’effetto con la causa: io chiamo ciò la vera perversione della ragione. Nondimeno questo errore fa parte delle più antiche e delle più recenti abitudini dell’umanità: esso è anche santificato tra di noi, esso si chiama «religione» e «morale». Ogni proposizione che formula la religione e la morale contiene questo errore; i preti ed i legislatori morali sono i promotori di questa perversione della ragione. Cito un esempio. Tutti conoscono il libro del celebre Cornaro ove l’autore raccomanda la sua dieta ristretta, come ricetta di una vita lunga e felice — e altrettanto virtuosa. Ben pochi libri sono stati tanto letti, ed oggi ancora, in Inghilterra, se ne stampano ogni anno molte migliaia di copie. Io sono persuaso che nessun libro (eccettuato la Bibbia, ben inteso) non ha mai fatto altrettanto male, non ha mai accorciato tante esistenze quanto quello strano libello il quale parte del resto da una buona intenzione. 

giovedì 14 gennaio 2021

La #Bacheca: #GENERAZIONI: I soliti ignoti film diretto da Mario Monicelli. - Ultimo viene il corvo di Italo Calvino.

I soliti ignoti è un film del 1958 diretto da Mario Monicelli.
Considerato uno dei capolavori del cinema italiano, il film è anche noto come caposcuola del genere caper movie. Si aggiudicò due Nastri d'argento e una candidatura ai premi Oscar 1959 come miglior film straniero. È stato successivamente inserito, come opera rappresentativa, nella lista dei 100 film italiani da salvare
L'idea di base del film e soprattutto il finale sono tratti dalla novella Furto in una pasticceria nell'antologia Ultimo viene il corvo di Italo Calvino.
Cosimo, piccolo ladro di periferia, è in prigione per il furto di una macchina. Alcuni suoi amici, Capannelle (un vecchio stalliere un po' matto), Mario (ladro suo malgrado), Ferribotte (un siciliano gelosissimo della sorella), Tiberio (fotografo e ladro per vocazione), decidono di cercare qualcuno che si accusi del furto per far scarcerare Cosimo. Trovano Peppe, un pugile di quart'ordine, che dietro compenso dichiara di essere il responsabile del furto. Peppe non viene creduto e viene rilasciato: prima di uscire di prigione, con uno stratagemma, si fa confidare da Cosimo il progetto di un furto con scasso. Riacquistata la libertà, Peppe si mette a capo della banda e, con l'aiuto degli amici, prepara l'esecuzione del colpo vagheggiato da Cosimo: svaligiare la cassaforte del Monte di Pietà. 
Per aprire la cassaforte prendono lezioni da uno specialista, Dante, che non può partecipare alla rapina perché sorvegliato. Tutto sembra bene avviato quando Cosimo, in seguito ad un'amnistia, viene scarcerato. Deciso a vendicarsi del tiro giocatogli da Peppe e dai compagni, mentre sta compiendo un borseggio viene investito e muore. Intanto è venuto il momento di tentare il furto: i quattro penetrano nell'appartamento contiguo al Monte di pietà. Ma, per inesperienza e paura non riescono a giungere alla cassaforte e avendo aperto un buco nella cucina, si consolano con uno spuntino.
"Questo film è significativo per la cura formale con la quale è realizzato, per l'uso intelligente degli attori professionisti e di tipi presi dal vero, per lo sforzo, che vi traspare chiaro, di portare il "comico" fuori dai confini consueti della farsa dialogata e per dargli una consistenza propriamente cinematografica". (Carlo Lizzani, "Il Cinema Italiano", Parenti, 1961) cinematografo
Ultimo viene il corvo
Ultimo viene il corvo è una raccolta racconti di Italo Calvino pubblicata la prima volta nel 1949. La raccolta prende il titolo da un racconto uscito per la prima volta sul quotidiano L'Unità il 5 gennaio 1947
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Il Dritto arrivò al posto convenuto e gli altri lo stavano aspettando già da un po’. C’erano tutt’e due: Gesubambino e Uora‐uora. C’era tanto silenzio che dalla via si sentivano suonare gli orologi nelle case: due colpi, bisognava sbrigarsi se non si voleva farsi cogliere dall’alba. ‐ Andiamo, ‐ disse il Dritto. ‐ Dov’è? ‐ chiesero. Il Dritto è uno che non spiega mai il colpo che ha intenzione di fare. ‐ Ora ci andiamo, ‐ rispose. E camminava in silenzio per le vie vuote come fiumi in secca, con la luna che li seguiva lungo i fili dei tram, il Dritto avanti con quei suoi occhi gialli mai fermi, e quel suo movimento alle narici che sembra che fiuti. Gesubambino lo chiamano così perché ha la testa grossa da neonato e il corpo tozzo; forse anche perché ha i capelli tagliati corti e un bel faccino coi baffetti neri. É tutto muscoli e si muove soffice che sembra un gatto; per arrampicarsi e raggomitolarsi non c’è nessuno come lui e quando il Dritto lo porta con sé c’è sempre una ragione. wikipedia