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domenica 24 maggio 2020

La canzone napoletana. - Salvatore Palomba

La canzone napoletana. 
Bibliografia
Si sentiva cantare. A Napoli, forse fino a una trentina di anni fa, si sentiva cantare un pò da per tutto, senza "chitarre e manduline" e senza nessun accompagnamento. Il canto di cui parlo non era una rappresentazione a beneficio di altri, si cantava per sè: per "sbariare", per vivere un momento di pausa, per commuoversi o rallegrarsi, quandio si era ancora inconsapevoli che cantare può esser anche una specie di terapia contro l' ansia e la depressione.(...) Poi, si è sentito cantare sempre meno; questo bisogno, nei napoletani, diventati come tutti più spettatori che attori, e quindi, più ascoltatori che "cantatori", oggi sembra quasi estinto. Non sono più i tempi in cui si acquistavano centottantamila copielle (numericamente circa la metà dei napoletani di allora) per "cantarsi" "Te voglio bene assaie". (Dal Prologo di Salvatore Palomba)

Voglio cantare e si nun canto moro,
e si nun canto me sento murire.
Me sento fa' nu nudeco a lu core,
nisciuno amante nre lo po'sciuglire.
antico canto popolare

l canto perduto
Si sentiva cantare. A Napoli, forse fino a una trentina di anni fa, si sentiva cantare un po' da per tutto, senza "chitarre e manduline" e senza nessun accompagnamento. Il canto di cui parlo non era una rappresentazione a beneficio di altri, si cantava per sé: per "sbariare", per vivere un momento di pausa, per commuoversi o rallegrarsi, quando si era ancora inconsapevoli che cantare può essere anche una specie di terapia contro l'ansia e la depressione.
Anch'io cantavo da ragazzo: una volta mi incantai appresso alle note di Maria Marì e solo un improvviso e ironico applauso dei miei familiari mi riportò sulla terra.
Da un balcone aperto o dalla strada veniva, ogni tanto, una canzone, un ritornello, una frase: voci di gente comune, voci isolate, voci di chi forse voleva inconsciamente placare una pena o ingentilire per un attimo il tran tran quotidiano.
E questo non lo si può ottenere facendo andare la radio o il registratore a tutto volume.
Accanto alla fruizione della canzone ascoltata, il cui contesto si modificava man mano nel tempo (strada, taverna, casa nobiliare, festa di Piedigrotta, caffè all'aperto, café chantant, ristorante, teatro, e poi anche dischi, radio e televisione), sussisteva quest'altro rapporto, più diretto e coinvolgente, fermo nel tempo e del tutto personale.
E come chi legge un libro interagisce con la pagina scritta, interpretando in maniera personale fatti e personaggi, così chi canta, frugando soprattutto nella sua memoria, contribuisce un poco a ricreare quel canto. Così è stato forse per secoli, fino a quando la canzone ha fatto parte della memoria collettiva dei napoletani, e quindi della loro formazione, della loro cultura e anche della loro vita quotidiana.
I versi delle canzoni sono stati per molto tempo - così come i versetti della Bibbia per alcuni popoli - i testi più diffusi fra i ceti popolari e, forse, l'unica forma di poesia nota; e i motivi delle canzoni hanno costituito per tante persone quasi le uniche musiche conosciute.
Le copielle, i famosi foglietti con i versi stampati che si vendevano a centinaia di migliaia, erano nate per soddisfare questa esigenza di canto. I "canzonieri" - raccolte di soli testi - si trasmettevano di generazione in generazione, e di generazione in generazione venivano arricchite le loro collezioni.
Nelle audizioni di Piedigrotta, alla fine dell'esecuzione di ogni nuova canzone, entrava in scena, sostenuto da un uomo nascosto alla vista degli spettatori, un grosso cartellone con i versi scritti in grande, affinché il pubblico potesse leggerli e intonarli insieme al cantante, nel corso dei numerosi bis che questi concedeva proprio per favorire l'apprendimento delle parole e della musica.
Ci si allontanava dal teatro, continuando a canticchiare il motivo che più ci aveva colpito, quello che era diventato già un po' nostro, e si ricominciava a cantarlo il giorno dopo. Questo accadeva ancora intorno al 1950, durante le Piedigrotte a cui ho assistito, anche se c'era una fiorente industria discografica, con cantanti che vendevano decine di migliaia di dischi, e anche se le canzoni napoletane venivano trasmesse continuamente dalla radio.
Poi, si è sentito cantare sempre meno; questo bisogno, nei napoletani, diventati come tutti più spettatori che attori e, quindi, più ascoltatori che "cantatori", oggi sembra quasi estinto.
Non sono più i tempi in cui si acquistavano centottantamila copielle (numericamente circa la metà dei napoletani di allora) per "cantarsi" Te voglio bene assale.
Non si sente quasi più cantare una voce solitaria, e l'ammuina di qualche sorta di karaoke collettivo: «Oj vita, oj vita mia», e «Ncoppa jammo, jà», tanto per sfogarsi tutti insieme, è evidentemente un'altra cosa.
Ed. L'ancora del Mediterraneo - Napoli 2001

Antonio Skàrmeta - Il postino di Neruda

«Ma lei non legge le parole, se le inghiotte, signora mia. Le parole bisogna assaporarle. Bisogna lasciare che si sciolgano in bocca.»
Il postino di Neruda è un romanzo di Antonio Skármeta pubblicato nel 1986.
Il titolo originale è Ardiente Paciencia, sebbene il libro sia più conosciuto nei paesi latino-americani con il titolo El cartero de Neruda (da cui il titolo in lingua italiana).
Al romanzo è ispirato il film con Massimo Troisi "Il postino", del 1994.
Il racconto si svolge nel giugno del 1969 nel piccolo villaggio di pescatori a Isla Negra, vicino alle coste del Cile.
Mario Jiménez, isolano figlio di un pescatore, si rifiuta di continuare a dedicarsi alla professione del padre; avendo già la bicicletta e sapendo leggere, accetta una proposta di lavoro come postino locale, benché venga avvertito del fatto che la sua paga sarà molto esigua. L'intero villaggio è analfabeta e l'unica persona a cui deve consegnare la posta è il famoso poeta Pablo Neruda. Mario considera quest'uomo come un maestro e compra un volume delle sue poesie, aspettando timidamente un'occasione per ottenere un autografo dallo stesso.
Dopo qualche tempo, Mario acquista abbastanza coraggio per intavolare una conversazione con Neruda, il quale sta aspettando delle notizie circa la sua candidatura al Premio Nobel per la letteratura; nonostante il primo impatto poco promettente, i due diventano buoni amici. Il poeta vede nel ragazzo un'ingenuità che imparerà ad apprezzare e ad amare; sarà infatti ben disposto ad offrirgli il suo pieno appoggio nell'imparare l'arte della poesia alimentando il suo interesse e insegnandogli il valore di una metafora, tecnica che il giovane imparerà ad utilizzare osservando in cerca di ispirazione ciò che lo circonda.
Nel villaggio, Mario incontra Beatriz González, la figlia della barista locale, Rosa vedova González. Beatriz è fredda e distante con lui, e il giovane si blocca ogni volta che cerca di parlarle. Con l'aiuto di Neruda, Mario supera le sue timidezze e inizia a corteggiare la fanciulla che infine si innamora, con il disappunto della madre. La donna proibisce alla figlia ancora adolescente di incontrare Mario, vedendo quest'ultimo come uno squattrinato interessato solo al corpo avvenente della ragazza. Neruda cerca intanto di distogliere Rosa dal disprezzo nei confronti di Mario.
Neruda viene candidato alla presidenza per il Partito Comunista del Cile, ma ritorna a Isla Negra quando il suo ruolo viene ceduto a Salvador Allende. Alcuni mesi dopo, in seguito ad un incontro clandestino fra Beatriz e Mario trasformatosi in un rapporto estremamente passionale tra i due, ella scopre di essere incinta. I due si sposano, sempre con il disappunto di Rosa, che chiede invano l'aiuto di Neruda, nominato per altro testimone di nozze da Mario. Salito al potere il partito di Allende, Neruda parte per ricoprire la carica di ambasciatore in Francia, ma prima di andarsene dona a Mario un volume completo delle sue opere.
Operai arrivano a installare l'elettricità al villaggio e il bar di Rosa diventa un ristorante per loro e per la crescente attività turistica. Poiché Neruda è lontano, non serve più un postino e Mario trova lavoro come cuoco nel ristorante. Passati alcuni mesi, Mario riceve un pacco da parte di Neruda contenente un registratore a cassette. Neruda è nostalgico della propria patria e gli chiede di registrare i suoni dell'isola per poi farseli spedire. Tra le altre cose, Mario registra il battito cardiaco del figlio Pablo Neftalí Jiménez González che ancora deve nascere.
Segretamente Mario ha risparmiato abbastanza soldi per acquistare un biglietto aereo alla volta della Francia, ma deve rinunciare ai suoi sogni quando nasce il figlio, inguaribile piccolo avventuriero che necessita continuamente di cure mediche a causa della propria spericolatezza. Viene annunciato che Neruda ha vinto il Premio Nobel per la letteratura e Mario festeggia con il resto del villaggio organizzando una festa al ristorante di Rosa.
Neruda ritorna qualche tempo dopo, gravemente ammalato di tumore. Mario intende inviare una poesia per il concorso indetto dalla rivista La Quinta Rueda, e cerca l'aiuto del fidato amico. Il poeta, all'insaputa del ragazzo, si trova sul letto di morte. Pur non riuscendo a vedere Neruda, Mario decide ugualmente di inviare la propria migliore poesia, ovvero "Ritratto a matita di Pablo Neftalí Jiménez González", il cui titolo viene giudicato originale da lui stesso.
L'assedio militare a causa del colpo di Stato contro Allende (il cosiddetto Golpe cileno) da parte delle forze oppositrici raggiunge Isla Negra; Mario richiede e ottiene nuovamente il lavoro di postino per rivedere l'amico Neruda. Mentre gli elicotteri sorvolano la zona, Mario si intrufola in casa del poeta, trovandolo morente sul suo letto. Il ragazzo gli legge un telegramma che aveva portato con sé dall'ufficio postale, in cui lo Stato Messicano offriva asilo al poeta e alla sua famiglia. Ma Neruda, sapendo di essere ormai in punto di morte, pronuncia a Mario le sue ultime parole, racchiuse in una poesia; viene successivamente trasportato in ambulanza in ospedale dove muore alcuni giorni dopo, più precisamente il 23 settembre 1973.
Il postino di Neruda è un libro sulla poesia ed è non incidentalmente carico di poesia, la storia di un’amicizia molto particolare in un momento ancor più particolare della storia del Cile. È un libro dolce e amaro al tempo stesso, talora pittoresco in alcune descrizioni, a tratti malinconico senza però risultare triste, ricco nella sua semplicità. La parte iniziale narra dell’amicizia genuina tra due uomini molti distanti tra loro per cultura ed estrazione sociale, ma che ‒ forse un po’ per caso, forse un po’ per reciproca simpatia ‒ costruiscono un rapporto sincero e franco, basato su dialoghi, consigli e profonde conversazioni. A far da cornice, una natura selvaggia ed incontaminata, che l’autore descrive con superba maestria, e il rumore dell’oceano, tanto poetico quanto i versi di Neruda. Man mano che la storia evolve entrano in gioco altri personaggi e si fa sempre più incalzante e predominante il momento storico (il romanzo infatti inizia nel 1969 per concludersi quattro anni dopo, nel 1973, anno del golpe cileno di Augusto Pinochet e della morte del poeta, avvenuta ufficialmente per un tumore della prostata ma secondo alcuni storici per volontà di Pinochet). La narrazione cambia, si passa da descrizioni e situazioni vivaci, a tratti persino divertenti, ai toni più seri caratteristici di una realtà politica convulsa, con la vittoria di Salvador Allende e i cambiamenti ‒ prima ammantati di speranza, poi circondati da tensioni e furiose polemiche e infine drammatici ‒ che il nuovo scenario cileno porterà. Ed è infatti con le ultime pagine, strettamente collegate all’evolversi del periodo storico, e soprattutto con l’epilogo, che l’autore ci permette di intuire la portata degli eventi. Libro che lascia indubbiamente il segno e dal quale è stato tratto (molto liberamente, con un’ambientazione caprese invece che cilena) il film Il postino, che rappresentò anche l’ultima interpretazione del grande Massimo Troisi.

Io torno al mare avvolto dal cielo, il silenzio tra l’una e l’altra onda stabilisce una sospensione pericolosa: muore la vita, si acquieta il sangue finché irrompe il nuovo movimento e risuona la voce dell’infinito.

La moltitudine umana è stata per me la lezione della mia vita. Posso accostarmi a essa con la timidezza propria del poeta, con l’apprensione del timido, ma in grembo a essa mi sento trasfigurato. Sono parte della maggioranza essenziale, sono un’ennesima foglia del grande albero umano.

«Poeta e compagno», disse deciso. «Lei mi ha messo in questo pasticcio, e lei deve tirarmi fuori. Lei mi ha regalato i suoi libri, mi ha insegnato a usare la lingua per qualcosa che non sia soltanto appiccicare francobolli. È sua la colpa se mi sono innamorato».
«Nossignore! Che io ti abbia regalato un paio di libri miei è una cosa, e un’altra, ben diversa, è che ti abbia autorizzato a usarli per plagio. E poi le hai regalato la poesia che avevo scritto per Matilde».
«La poesia non è di chi la scrive, ma di chi la usa!»

«E allora ha detto una cosa del mio riso. Ha detto che il mio riso era una rosa, una lancia che si sfila, un’acqua che prorompe. Ha detto che il mio riso era un’onda d’argento repentina». La donna si inumidì le labbra con la lingua tremula. «E allora che avete fatto?». «Sono rimasta zitta». «E lui?». «Cosa mi ha detto?». «No, tesoro! Cosa ti ha fatto! Perché il tuo postino oltre alla bocca avrà anche due mani».
Il postino di Neruda
Antonio Skàrmeta
Einaudi (collana Super ET), 2014, pag. 122, 
ISBN: 978-8806221317

mercoledì 20 maggio 2020

Cathleen Schine - La lettera d’amore

Cathleen Schine La lettera d’amore
Traduzione di Domenico Scarpa
Fabula, 96
1996, 19ª ediz., pp. 269
isbn: 9788845912511
Una libreria tinta di rosa, nel New England. Una bella libraia, Helen, divorziata senza rimpianti e piena di passione per il suo mestiere. Un variegato ventaglio di clienti e commessi. E una lettera d’amore che sbuca fra la posta, in mezzo a pubblicità e fatture. Non si sa chi l’abbia scritta. Non si capisce a chi sia destinata. Ma le sue parole si insinuano nella mente di Helen, smuovono pensieri, si propagano fra gli abitanti di Pequot come un elusivo refrain, scardinando certezze e convenzioni. Fino alla sorpresa finale, che nessun lettore – si potrebbe scommettere – riuscirà ad anticipare.
Questo romanzo smaliziato e incantevole, capace di sedurre come una lettera d’amore, ci introduce con leggerezza a una difficile arte – quella di saper essere romantici senza perdere l’ironia.
La lettera d’amore è apparso negli Stati Uniti nel 1995.
Helen, affascinante donna, divorziata, gestisce con passione la sua piccola libreria sulla costa degli Stati Uniti. I clienti sono pochi, ma fedeli, probabilmente più all’incanto che Helen esercita su di loro, che ai libri che lei riesce a far comprare.
Sicura di sé, passa da una relazione a un’altra senza rimpianti, senza dolore, vive la propria femminilità con maestria e dignità, nulla sembra sconvolgere il suo piccolo mondo…se non fosse per la misteriosa lettera che una mattina si trova tra la sua posta.
“Qualcuno sta bruciando…e io lo guardo.”
La lettera si insinua nella sua vita, diventa un pensiero ricorrente, e il desiderio di scoprire chi l’abbia scritta e a chi l’avesse destinata sempre più forte. Era destinata a lei? Chi “sta bruciando”?Tale smania sembra diventare protagonista. Stava spiando l’amore di qualcun altro o era la sua vita è venire sfiorata da una passione sconosciuta?
Cosa può succedere se la lettera viene letta anche da qualcun altro? Una freccia di cupido scoccata senza controllo? O forse le parole di “Montone” risuonano nell’aria come il muoversi delle mani delle Parche, e riescono a guidare gli eventi in una direzione inaspettata..
“Quella lettera era un rumore che viene da un’altra stanza, una cosa intuita attraverso una porta non perfettamente chiusa, era tutte le cose viste per caso”
IN COPERTINA
Carolyn Brady, Luce di smeraldo (Scrittoio nero per Zola), 1984. Collezione privata.
La vita di Helen è vivace e non lei non si fa troppo domande, sta bene così, con la figlia undicenne che adora e che è appena partita per il campo estivo. Una mattina trova in libreria una lettera d'amore un po' strana, è indirizzata a Capra, da parte di Montone.
Cara Capra,
Come ci si innamora? Si casca? Si inciampa?
“Cara Capra, come ci si innamora? Si casca? Si inciampa si perde l’equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra, sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l’orlo del precipizio, per sempre?”
"Helen sapeva d'istinto che cosa sarebbe piaciuto a chi, ma spesso la sua abilità era di indurre a comprare per pura forza di seduzione. Riusciva a convincere i clienti a comprare (e a leggere, e a amare) i libri più inverosimili. Sotto la tutela di Helen, le ragazzine leggevano dispacci diplomatici. Uomini di mezza età leggevano racconti femministi tedeschi d'avanguardia. Promuoveva solo ciò che le piaceva, ma le piacevano le cose più diverse, e non vedeva nessun motivo perché non dovessero piacere anche agli altri, anzi."
"Le lettere si fraintendono così facilmente, però puoi correggerle e ricorreggerle finché non vengono proprio come vuoi. Non è come quando si parla. Certo una lettera la puoi progettare, migliorare; puoi renderla più gradevole, più aspra, puoi cambiare idea. Ma una volta spedite, le lettere non possono cambiare, né crescere, né farsi influenzare, né ritrarsi timidamente. Niente intonazioni, niente variazioni di volume, niente alterazioni dei lineamenti che possano ammorbidire le parole o chiarire un pensiero. Le lettere sono concrete, sono storia.
Sì, pensò Johnny, ma una lettera è anche effimera. Nel momento in cui la infili in una busta cambia completamente. Finisce di essere mia, diventa tua. Quello che volevo dire io è sparito. Resta solo quello che capisci tu. Aprila: c'è dentro solo quello che ci vedi tu, nient'altro. Le lettere sono uno schifo."
"Helen provò a immaginare la loro storia che continuava dopo l'estate. Non ci riuscì. Provò ad immaginare che finiva dopo l'estate. Non ci riuscì."

lunedì 18 maggio 2020

Antonio Ghirelli - Storia di Napoli

Storia di Napoli
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2015
Formato: Tascabile
In commercio dal: 20 gennaio 2015
Pagine: 566 p.
EAN: 9788806225698
Storia di Napoli - Antonio Ghirelli - copertina
Il racconto di una città e delle sue vicende storiche, politiche ed economiche, complesse e singolari. Dal 1500 alle soglie del terzo millennio, da Consalvo di Cordova e i Borboni fino a Vittorio Emanuele, il fascismo, la guerra e gli americani, il laurismo e il massacro urbano: Ghirelli, con un ritmo incalzante da reportage, disegna un ampio affresco nel quale le vicende politiche si fondono con i rapporti economici e le mutazioni sociali scandiscono il racconto delle miserie e delle glorie quotidiane, da sempre al centro dell'inconfondibile originalità della cultura napoletana (Serao, Di Giacomo, Viviani, Eduardo, De Simone). Tappe di un percorso che documenta le responsabilità storiche di una classe dirigente locale e nazionale, che ha contribuito al disfacimento sociale ed economico di Napoli. E che spiega come si è arrivati ad abbandonare questa città nelle mani sempre più avide della camorra, nonostante le inesauribili energie culturali e morali.
La storia di Napoli attraverso le immagini e foto d'epoca e attraverso la musica. Il brano si intitola "Nascette 'mmiez' 'o mare" (nacque in mezzo al mare),testo e musica di Roberto De Simone. Le voci sono di: Virgilio Villani, Gianni Lamagna, Anna Spagnuolo, Pino De Vittorio.

Anna Maria Mori,Nelida Milani - Bora. Istria, il vento dell'esilio

Mentre gli spettri dell’esilio e dell’intolleranza sembrano incombere nuovamente sull’Europa e sul mondo intero, appare più che mai necessario fare i conti con questa storia e con gli interrogativi che ancora la accompagnano, perché, scrive Guido Crainz nella prefazione, «ci parla anche (e talvolta soprattutto) dell’Italia.

Cos’è stato davvero l’esodo istriano del secondo dopoguerra? Come ha cambiato la fisionomia e le sorti di un territorio? E come ha stravolto le vite dei molti esuli e di quei pochi che scelsero di rimanere?
Nemmeno il tempo è stato capace di cancellare il trauma subito, che via via è riemerso dalle pieghe della storia per andare incontro a una dolorosa rielaborazione. Anna Maria Mori, che con la famiglia lasciò la nativa Pola per l’Italia, ha sentito il bisogno di ripercorrere quelle vicende attraverso il confronto epistolare con Nelida Milani, che a suo tempo scelse invece di restare, rinunciando alla lingua, a molti affetti, alle consuetudini di un mondo che, con ferocia, veniva snaturato. Il dialogo che anima queste pagine restituisce intatta, a distanza di settant’anni, la condizione di estrema fragilità e spaesamento, il dolore di un popolo diviso, il sofferente vissuto di entrambe le parti: l’umanità dei «rimasti» e quella degli «andati». Gli aneddoti si confondono con la cronaca, le riflessioni si intrecciano alla memoria, in un viaggio dentro e fuori di sé, nei ricordi da confrontare con altri ricordi, e nei chilometri sulla costa o all’interno dell’Istria. Mentre gli spettri dell’esilio e dell’intolleranza sembrano incombere nuovamente sull’Europa e sul mondo intero, appare più che mai necessario fare i conti con questa storia e con gli interrogativi che ancora la accompagnano, perché, scrive Guido Crainz nella prefazione, «ci parla anche (e talvolta soprattutto) dell’Italia. Della sua insensibilità di allora e dei decenni che sono seguiti. Del suo non essere realmente nazione, perché altro sarebbe stato l’animo di una nazione vera».
ANNA MARIA MORI, nata a Pola, ha studiato a Firenze e vive a Roma. Giornalista, ha lavorato per la radio e la televisione, ha scritto per vari periodici femminili e per «Il Messaggero», ed è stata inviata per il settore cultura e spettacoli di «Repubblica» fin dalla sua fondazione. È autrice di numerosi volumi, tra cui L’anima altrove (2012) e Origami. Figure e figurine del mio Novecento (2017). Con Marsilio ha pubblicato Nove per due. L’ansia del diventare madre oggi (2009).
NELIDA MILANI vive a Pola. Docente di Linguistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, è stata redattore responsabile della rivista «La Battana». È autrice di varie raccolte di racconti: Una valigia di cartone (Premio Mondello 1992), L’ovo slosso (1996), tradotto in lingua croata, Impercettibili passaggi (2006), Crinale estremo (2007), Racconti di guerra(2008), La bacchetta del direttore (2013), Lo spiraglio(2017).
Bora. Istria, il vento dell'esilio
Editore: Marsilio
Collana: Gli specchi
Anno edizione: 2018
In commercio dal: 25 gennaio 2018
Pagine: 255 p., Brossura
EAN: 9788831728492

domenica 17 maggio 2020

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana - Carlo Emilio Gadda

Amazon.it: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana - Gadda ...
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è un romanzo dello scrittore italiano Carlo Emilio Gadda. Apparve per la prima volta in cinque puntate sulla rivista Letteratura nel 1946; il romanzo, riveduto e ampliato, venne pubblicato in volume 11 anni dopo, a opera dell'editore Aldo Garzanti, prevedendo un secondo volume che tuttavia Gadda non portò mai a termine, lasciando così senza soluzione l'enigma poliziesco.
Roma, marzo 1927. Durante i primi anni del fascismo il commissario della Squadra Mobile di Polizia Francesco "Don Ciccio" Ingravallo, arguto e orgoglioso molisano, è incaricato di indagare su un furto di gioielli ai danni di un'anziana donna di origini venete, la vedova Menegazzi. In seguito viene uccisa, nello stesso palazzo che era stato teatro della rapina, la moglie di un uomo piuttosto ricco, la signora Liliana Balducci. Il luogo del furto e dell'omicidio è un tetro palazzo al civico 219 di via Merulana, noto come "Palazzo degli Ori", situato poco distante dal Colosseo.
La narrazione parte con la descrizione dell'ambiente attorno alla signora Balducci e si allarga ai Castelli Romani da dove provengono le domestiche della signora e le "nipoti", ragazze che accoglieva come figlie per compensare solitudine e mancata maternità. Intorno una folla di comparse: la svenevole e avvizzita contessa Menegazzi, vittima del furto, il commendator Angeloni "prosciuttofilo", i brigadieri della questura, i carabinieri di Marino a caccia di indizi nella campagna, le figure sfocate delle domestiche e nipoti. Il giallo infine approda alla scoperta di un responsabile: l'ultima domestica di Liliana, ma senza che ciò sia confermato. Non a caso nelle varie redazioni il finale viene modificato e il colpevole cambia.
Sosteneva, fra l'altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo. Ma il termine giuridico «le causali, la causale» gli sfuggiva preferentemente di bocca: quasi contro sua voglia.

sabato 16 maggio 2020

Roald Dahl - La fabbrica di cioccolato

LA FABBRICA DI CIOCCOLATO
ISBN 9788869186318
Autore Roald Dahl
Collana DAHL100
Casa Editrice SALANI
208 pagine, Cartonato
La fabbrica di cioccolato è fra i più famosi libri per ragazzi scritti da Roald Dahl. Il racconto è ispirato alla giovinezza di Dahl: quando frequentava la Repton School, la famosa ditta produttrice di cioccolato Cadbury spediva ai collegiali delle scatole piene di nuovi tipi di dolci e un foglietto per votare. I dolci preferiti venivano quindi immessi nel mercato.
La fabbrica di cioccolato (Charlie and the Chocolate Factory) è un film del 2005 diretto da Tim Burton.
Il film ha come interprete principale Johnny Depp ed è tratto dall'omonimo romanzo di Roald Dahl.
Dal libro era stato precedentemente tratto un altro adattamento nel 1971, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, di Mel Stuart, con Gene Wilder, al quale, però, Burton ha detto di non essersi ispirato per il suo, cercando invece di tornare allo spirito originale del romanzo di Dahl.
Charlie Bucket è un bambino molto povero che vive in una malandata casetta di legno con i genitori e i quattro nonni. A causa della loro grande povertà, i Bucket si nutrono quasi esclusivamente di zuppa di cavoli. A Charlie piace molto il cioccolato, ma ha una disponibilità economica tale da permettergli di mangiarne una sola tavoletta all'anno, come regalo per il suo compleanno. A un certo punto, l'annuncio del cioccolatiere più famoso del mondo, l'enigmatico signor Willy Wonka, sconvolge la loro piccola cittadina: questi ha nascosto in cinque tavolette di cioccolato (che possono trovarsi in qualsiasi negozio di dolci del mondo) altrettanti biglietti d'oro. Chi li troverà avrà la possibilità di visitare la sua grandiosa fabbrica e uno dei cinque bambini vincerà un premio speciale. Tutto il mondo viene a conoscenza della notizia, i negozi di dolci vengono presi d'assalto e i primi biglietti, poco dopo, vengono trovati da quattro bambini: Augustus Gloop da Düsseldorf, Germania, goloso, obeso e ingordo (che mangiava così tanto cioccolato da avere grandi probabilità di trovare un biglietto); Veruca Salt dal Buckinghamshire, Inghilterra, ragazzina capricciosa ed estremamente viziata dal ricco padre (il quale, direttore di un'azienda nel campo delle noci, ha comprato migliaia di tavolette di cioccolato facendole scartare alle operaie); Violetta Beauregarde da Atlanta, Georgia, vanitosa, scorretta, campionessa di gomma da masticare; Mike Tivù da Denver, Colorado, genio del computer e delle scienze, appassionato di TV e videogiochi (che ha comprato una sola tavoletta di cioccolato essendo certo che fosse quella giusta grazie ad un complicato procedimento tecnico, e peraltro odia il cioccolato). L'ultimo biglietto viene trovato da Charlie con un puro colpo di fortuna, comprando una tavoletta a caso nel negozio vicino a casa sua con dei soldi trovati buttati in strada. Il bambino, in compagnia del nonno Joe (ex operaio nella fabbrica), entra quindi nella fabbrica del signor Wonka.
Durante il giro della fabbrica, una serie di flashback rivelano il passato di Willy, figlio dell'intransigente dentista Wilbur Wonka, che gli faceva portare un apparecchio ortodontico enorme e non gli concedeva neanche il più piccolo dolciume per paura che fosse allergico o che gli venissero delle carie. In seguito ad una notte di Halloween, dopo che il padre gli aveva gettato i dolci raccolti nel fuoco, il piccolo Willy riuscì di nascosto a salvare e mangiare un cioccolatino. Da allora la passione per il cioccolato cambiò il corso della sua vita, tanto che il bambino, desideroso di visitare le città più rinomate al mondo nella produzione di dolci, decide di scappare di casa, nonostante il padre prometta che se fosse tornato non lo avrebbe più ritrovato. La promessa verrà mantenuta: la loro casa sparisce e il giovane Wonka sarà costretto a cavarsela da solo. In seguito aprirà un primo negozio, farà fortuna grazie ai suoi dolciumi e in breve tempo inaugurerà la fabbrica, che però sarà in seguito costretto a chiudere a causa di spie infiltratevisi allo scopo di rubare le sue ricette segrete e venderle ad altri produttori di dolci. Nonostante abbia licenziato i suoi operai dicendo di voler chiudere la fabbrica per sempre, riaprirà la fabbrica anni dopo, avendo trovato dei nuovi e fedeli operai negli indigeni Umpa Lumpa (i quali amano molto il cacao ma non ne trovano mai nella loro terra, e Wonka decide di pagare i loro stipendi in semi di cacao).
Riconoscimenti 
Candidato per Miglior colonna sonora originale a Danny Elfman
Candidato per Miglior film per la famiglia
Candidato per Film più originale
Candidato per Miglior colonna sonora a Danny Elfman 
Dietro la superficie della fabula, in cui si vedono susseguirsi le azioni di cinque bambini abbastanza fortunati da essere ammessi nella fabbrica di Willy Wonka, si nasconde un’allegoria che analizza la morbosità di vizi e dipendenze e l’importanza della famiglia e dell’educazione, così come l’inganno che è insito nelle apparenze. Un messaggio come questo, contenente una pluralità di stimoli di riflessione, incoraggia lo spettatore a mettere sempre in discussione la realtà e a guardare con occhio critico ciò che lo circonda, imparando ad andare oltre la superficie. https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/focus/la-fabbrica-di-cioccolato-morale-film/
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (Willy Wonka & the Chocolate Factory) è un film del 1971 diretto dal regista Mel Stuart. Il film è ispirato ad un romanzo di Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, nuovamente portato sullo schermo nel 2005 da Tim Burton ne La fabbrica di cioccolato, con Johnny Depp nel ruolo già ricoperto da Gene Wilder.
Tom & Jerry: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (Tom and Jerry: Willy Wonka and the Chocolate Factory) è un film d'animazione di genere commedia musicale del 2017 con i personaggi Tom & Jerry, prodotto da Warner Bros. Pictures Television Animation Distribution. Il film è un adattamento animato del film del 1971 Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato con l'aggiunta di Tom e Jerry. Questa è anche la seconda volta che un film della serie di Tom & Jerry è un adattamento di un film originale (il primo è Tom & Jerry e il mago di Oz).

giovedì 14 maggio 2020

Un destino ridicolo - Fabrizio De André e Alessandro Gennari

Un destino ridicolo da Fabrizio De Andrè - Alessandro Gennari ...
Un destino ridicolo è un romanzo scritto a quattro mani da Fabrizio De André e Alessandro Gennari nel 1996 e portato al cinema dodici anni dopo da Daniele Costantini (Amore che vieni, amore che vai).
Tra i personaggi troviamo anche i due autori nonché, nel personaggio della avvenente istriana Maritza, una trasposizione letteraria di Bocca di Rosa, protagonista della celebre canzone omonima dello stesso De André.
L'azione si svolge tra Genova e la Sardegna. Salvatore é un pastore sardo condannato a vent'anni di carcere per sequestro di persona e omicidio. Egli aveva compiuto questo gesto per ottenere il denaro necessario per potersi sposare. Tuttavia Salvatore viene liberato dopo cinque anni grazie all'aiuto del cugino Annino. Annino è molto somigliante a Salvatore e lo aiuta ad uscire dal carcere tramite uno stratagemma. Il giorno del delitto Annino si trovava su un treno in compagnia di un prete, un medico ed un commesso viaggiatore. I tre per ingannare il tempo si raccontano degli aneddoti. Annino racconta dettagliatamente questa vicenda al cugino il quale ora può costruirsi un alibi. Il sacerdote viene chiamato in tribunale e riconosce in Salvatore l'uomo che aveva incontrato sul treno. (Salvatore si era anche procurato una cicatrice sulla guancia per assomigliare ancora di più ad Annino, del quale ha imitato anche la parlata). Scagionato Salvatore è libero, ma nutre propositi di vendetta verso il cugino il quale lo aveva denunciato per sottrargli il bestiame e la fidanzata, nonostante lo abbia, poi, aiutato ad uscire di prigione. Salvatore si imbarca per l'Italia continentale. Arriva a Genova e qui conosce la prostituta Veretta e si innamora di lei. Veretta é una ragazza timida e introversa e lavora con altre ragazze per Carlo. Egli vive con la madre e si mantiene sfruttando la prostituzione. É un uomo indolente, che sogna una vita migliore in qualche paese lontano e trascorre la sua vita fra i locali del porto. Una sera in uno di questi bar si trovano Carlo; Fabrizio, un giovane cantautore; Bernard, uno psichiatra nizzardo passato dalla Resistenza alla malavita, sul cui conto circolano numerose leggende; Maritza, una affascinante istriana di cui Carlo è innamorato. Durante la serata Salvatore si presenta nel locale perché vuole riscattare Veretta, ma non riesce nel suo proposito perché nel frattempo scoppia una zuffa. Infatti Maritza viene colpita da un amante respinto, chiamato il Vichingo, noto esponente della malavita locale. Carlo interviene a sua difesa sferrando un calcio all'uomo e Salvatore riesce a metterlo al tappeto con un pugno. Il Vichingo dà ordine di sfregiare Carlo, ma alla fine i due si riappacificano con una cena e un risarcimento che consiste in un orologio d'oro e in altri preziosi. Al bar Carlo incontra Fabrizio e gli chiede informazioni su Maritza. Il cantante gli racconta che la ragazza è arrivata da Gorizia a Genova per fare la sua conoscenza e i due hanno anche fatto l'amore e questo ha ispirato la sua canzone "Bocca di Rosa". Il giorno seguente Carlo invita Maritza a fare un giro in barca nella baia di San Fruttuoso e i due si amano lì. Bernard contatta Salvatore e Carlo per fare un colpo importante: rubare un carico di pelli di contrabbando. Il colpo frutterà oltre cento milioni di lire a testa. Salvatore desidera investirli per creare un'azienda agricola, mentre Bernard vuole acquistare un palazzo a Mantova, dove vive sua sorella, per crearvi un centro di studi libertari. Il giorno del colpo arriva e i tre, travestiti da carabinieri, requisiscono il carico contrabbandato e lo portano in un deposito segreto.Salvatore viene lasciato di guardia, ma qualche ora dopo viene trovato ucciso col volto sfigurato, anche Veretta sparisce misteriosamente. Dopo il fallimento del piano Bernard torna a Nizza e Carlo va a vivere con Maritza. Bernard viene contattato per compiere un furto di un quadro in una villa, ma viene scoperto e arrestato. Carlo viene abbandonato da Maritza. La donna gli comunica infatti di dover ritornare a Gorizia, poiché la sorella, abbandonata dal marito, ha tentato il suicidio. Maritza lascia a Carlo l'indirizzo, ma i telegrammi che lui le invia tornano sempre al mittente. Carlo va a cercarla a Gorizia, ma non la trova più. Nel frattempo Bernard ha scontato la sua condanna ed è andato a vivere a Mantova dove entra in contatto con un gruppo di studenti, fra cui vi é Alessandro. I due si scambiano libri e discutono di politica e Alessandro inizia a considerare Bernard un maestro. Un giorno Bernard sorprende Alessandro a suonare Bocca di Rosa e, allora gli confessa di essere un amico di Fabrizio. Il cantante sta per tenere un concerto a Mantova e i due decidono di andare ad incontrarlo. Bernard chiede ad Alessandro di recapitare a Fabrizio un biglietto con l'indirizzo di Maritza affinché lui lo consegni poi a Carlo. Durante il concerto Alessandro viene chiamato sul palco da Fabrizio, il quale decide poi, dopo una discussione col pubblico, di abbandonare il concerto senza aver terminato l'esibizione. Alessandro tenta di raggiungere il cantante in camerino, ma ormai Fabrizio se ne è andato. Molti anni dopo Alessandro scrive un libro di successo e ne recapita una copia a Fabrizio. 
Il cantante li contatta e i due finalmente si incontrano e si raccontano le rispettive storie. Il romanzo riporta la seguente dedica: "A un luminoso bagnasciuga della Gallura dalle cui acque tranquille una vacca torse il collo a guardarci con un dentice in bocca" https://it.wikipedia.org/wiki/Un_destino_ridicolo

lunedì 11 maggio 2020

Il fascino dell'apparire

Il fascino dell’apparire
Un tempo che ha mostrato un volto affollato di tanti volti e poche certezze
Siamo i medesimi che …salviamo la natura
E pronti a volare per una conferenza a Tokyo 
argomento “come salvare l’orso sulle Alpi”
Siamo, il nuovo leader, 
cancellare la parola precariato, tutti ricchi e felici,
colpa di chi mi ha preceduto, riduzione dei parlamentari con un taglio netto, un numero simpatico, moderno, dinamico e occasionale come un social,
non certo ascoltando il triste professore 
che parla di equilibrio a tutela della libertà delle minoranze
tagliare la sanità, scegliere il “mago” del lavorare poco guadagnare tanto
colpa di chi ha generato la pandemia. 
Da domani, soldi a tutti, premio al personale che lavora, 
targa in memoria dei medici in corsia senza protezione
un nuovo annuncio, una preghiera a porte chiuse
una riapertura senza prospettive, 
riaperti i luoghi dove pregare
Il fascino dell’apparire
Stato di massima allerta
Fase di scelte coraggiose, tutti a casa
Nuova fase, non tutti hanno una casa 
Nuova fase, non tutti hanno una mascherina
Nuova fase, talvolta arrivano le mascherine di carnevale, 
nella fretta tutto il mondo esprime il mondo che conosce
Fase nuova, aprire al correre, 
correre a rincorrere chi corre senza mascherina
Correre con la mascherina, il caldo, 
fermarsi a respirare 
Convocazione delle categorie
I biondi, i mori, gli anonimi, i sapienti, i referendari, 
i ricorrenti contro il taglio del nastro, il nastro
Il fascino dell’apparire
Dichiaro il giorno 10 salvo variazioni
Il fascino dell’apparire
Dichiaro il giorno 14 salvo variazioni
Il fascino dell’apparire
Dichiaro il giorno 37,5 salvo variazioni
Il fascino dell’apparire

Comunicato stampa, errata corrige 
il 37,5 era riferito alla temperatura corporea 
Il fascino dell’apparire
Potenza di fuoco mai vista prima, bonus emergenza, 
bonus merenda, bonus vacanza
Bonus bonus, errata corrige, cercasi bonus pensieri giusti
Il fascino dell’apparire
Una mano, un piatto vuoto, una fila, 80 grammi di pasta con il sugo
Uno, mille volti, hanno venduto anche il televisore, ….
Il fascino dell’apparire
Caro concittadino, come vedi sono in prima persona al fianco di coloro che distribuiscono i viveri per aiutare chi, come te, oggi non ha certezze 
(e nemmeno il televisore che sono certo era la fonte del tuo buon vivere seguendo le precise indicazioni che offro anche più volte al giorno)
Sono a contatto diretto con la Vostra realtà, 
domani alle 15,15, con replica alle 17,17, e alle 19,19 la fase nuova, 
lavoro, soldi, vacanze, scuola, concerti, turismo, 
donnine che ballano e palestrati che palestrano.
I sondaggi dicono che sono il vero vincitore di questa guerra
Firma anche tu per una riforma costituzionale: 
non più programmi per governare, 
un semplice e moderno contest: 
Il fascino dell’apparire
Abbronzato, sorridente e inebriante.
Il tuo domani nelle mani del più convincente.

IL FASCINO DELL'APPARIRE
di Silvana Guida e Giuseppe Giorgi

Ermanno Rea L’ultima lezione La solitudine di Federico Caffè scomparso e mai piú ritrovato

Ermanno Rea L’ultima lezione
La solitudine di Federico Caffè scomparso e mai piú ritrovato
2008
L'Arcipelago Einaudi
pp. 290
€ 13,80
ISBN 9788806193300
Amazon.it: L'ultima lezione. La solitudine di Federico Caffè ...
Se la scomparsa dell’economista Federico Caffè rimane uno degli enigmi irrisolti della storia di questo paese, la lezione che ha lasciato sorprende per la sua desolata, illuminante attualità: «Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri, e alla compassione nei confronti della sofferenza umana abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili». Un romanzo-ritratto appassionante e vivo, che ricostruisce con immediatezza e verità il contesto di una vicenda personale avvolta nel mistero, ma anche un pezzo della storia italiana in cui l’economia ha provato a pensare un paese diverso e piú giusto.
L'ultima lezione, Ermanno Rea. Giulio Einaudi Editore - ET Scrittori
Con una nota dell’autore, intitolata L’economista che visse due volte.
«Un uomo che scompare compie un gesto che è dentro di noi, oscuramente, perché tutti abbiamo pensato, almeno una volta, di sparire». Il 15 aprile 1987, Federico Caffè esce di casa all’alba. Di lui non si saprà piú nulla, nonostante le minuziose ricerche di parenti, allievi e amici. Suicidio o ritiro in convento? Ma chi era Federico Caffè? Economista «disubbidiente»; teorico scontroso e problematico di un welfare state senza cedimenti a compromessi e clientele; «seduttore intellettuale» tutto dedito all’insegnamento e alla formazione dei propri allievi, fu il creatore di un laboratorio teorico da cui usciranno uomini capaci di pensare l’economia come sistema razionale in grado di garantire anche i piú deboli. Ma il 15 aprile 1987 Federico Caffè era soprattutto, o si sentiva, un uomo solo.

venerdì 1 maggio 2020

I fantasmi del cappellaio (titolo originale Les Fantômes du chapelier) - Georges Simenon

I fantasmi del cappellaio (titolo originale Les Fantômes du chapelier) è un romanzo di genere giallo scritto da Georges Simenon, nel 1949, a Tumacacori-Carmen in Arizona, non facente parte della fortunata serie del commissario francese Maigret, pubblicato presso le edizioni Presses de la cité nel 1948.
Questo romanzo è il risultato della riscrittura di un racconto che Simenon aveva composto precedentemente, nel 1947, dal titolo Il piccolo sarto e il cappellaio. Nonostante il racconto e il futuro romanzo si assomiglino, la principale differenza è che nel primo vediamo che le vicende sono trattate dal punto di vista del sarto invece che da quello del cappellaio, come accade nel romanzo. Vengono perciò approfondite molto le sensazioni di Kachoudas, le sue paure nei confronti del cappellaio e le sue riflessioni.
Dal 13 novembre, giorno del primo assassinio da parte di un killer seriale, nella cittadina della Rochelle piove ininterrottamente. Anche il tre dicembre, giorno da cui l'autore comincia a narrare le vicende del protagonista, il cappellaio, la pioggia non sembra voler cessare. Il cappellaio Labbè, un rispettabile borghese anziano e molto abitudinario, come al solito, verso le cinque del pomeriggio, lasciato a Valentin l'incarico di chiudere il negozio, comincia a prepararsi per andare a bere e a giocare a carte al bar "Cafè des Colonnes". Appena uscito, lo raggiunge un sarto armeno che ha la bottega di fronte alla sua, di infima condizione sociale. Anche il sarto è solito intrattenersi al bar per bere due bicchierini, tuttavia da quando il killer ha compiuto il terzo assassinio, ha paura di girare da solo per strada e cerca perciò la presenza di qualcuno di conosciuto. Arrivati al bar, Labbè si siede, coi suoi amici, a un tavolino per giocare a carte, mentre il sarto ne sceglie un altro vicino a quello del cappellaio. A un certo punto il sarto si china verso i piedi del cappellaio perché ha visto nel risvolto dei suoi pantaloni un qualcosa di bianco, che inizialmente ha scambiato per un filo. Raccogliendolo, tuttavia, scopre che erano lettere di un giornale ritagliate in maniera estremamente accurata. Il sarto ora è impaurito dal cappellaio, perché, come tutti gli abitanti della Rochelle, è consapevole che il killer è solito scrivere delle lettere al giornale "Echo de Charentes", le quali il giovane giornalista Jeantet commenta sempre. Quest'ultimo era in effetti arrivato a scrivere, proprio per la cura con cui le lettere erano state ritagliate, che: "Non solo l'assassino è un tipo paziente e meticoloso, ma dispone di molto tempo libero".
Nel 1982 il registra francese Claude Chabrol si ispirò al romanzo per girare un omonimo film con Michel Serrault nel ruolo del cappellaio Labbè e Charles Aznavour nel ruolo del sarto Kachoudas.