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domenica 25 aprile 2021

#Tratti e #Ritratti dedicati . Il mio West film diretto da Giovanni Veronesi liberamente tratto dal romanzo Jodo Cartamigli di Vincenzo Pardini.

Il mio West è un film del 1998 diretto da Giovanni Veronesi con Leonardo Pieraccioni, Harvey Keitel, David Bowie ed Alessia Marcuzzi. Il film è liberamente tratto dal romanzo Jodo Cartamigli di Vincenzo Pardini.
La storia inizia nel verso la fine del 1800 a Basin Field, un piccolo villaggio sulle pendici delle grandi montagne del "Far West" che confinano con il Canada e racconta lo stile di vita idealistico del medico del villaggio e contadino occidentale "Doc" (Pieraccioni), di sua moglie pellerossa Perla (Holt) e del figlio mezzosangue avuto da lei, Jeremiah (Mercredi).
La loro vita viene interrotta quando il vecchio pistolero e padre di Doc, Johnny Lowen (Keitel) si presenta all'improvviso e dopo vent'anni nella loro fattoria dicendo di essere tornato a casa e di volersi riposare e di essere in pensione. Ma la famiglia non è contenta del suo ritorno, dato il suo stile di vita passato e i maltrattamenti subiti per causa sua.
Dopo il suo arrivo, nel villaggio giunge anche Jack Sikora (Bowie) che da anni stava inseguendo Johnny. Jack è determinato a uccidere Johnny e fa di tutto per costringere il suo rivale ad accettare un duello mortale, così la tenutaria del saloon Mary (Marcuzzi) cerca di uccidere Sikora ma viene uccisa a sua volta e, data la riluttanza di Johnny ad accettare un duello, Jack rapisce il giovane Jeremiah.

#Narrazioni a Sipario Chiuso. Ritratto di provincia in rosso - Paolo Levi | Al piacere di rivederla film del 1976 diretto da Marco Leto

Ritratto di provincia in rosso. Prima edizione
L’esordio come romanziere di Paolo Levi ci porta in una ricca e innominata cittadina ad ottanta chilometri da Roma e, soprattutto, ci presenta Mario Aldara, un investigatore davvero anticonvenzionale.
Sono gli anni in cui l’onda del Boom sta passando, ma ha lasciato il nostro Paese molto ricco, soprattutto quella parte della provincia italiana che fino a qualche anno prima viveva miseramente solo di agricoltura. E, insieme ai soldi, sono arrivati vizi e cattiverie.
Il riservato e introverso Aldara lavora in un anonimo ufficio del Ministero degli Interni. Viste le sue origini che lo hanno fatto nascere in quella cittadina, e il suo ruolo del tutto estraneo alle indagini sul campo, viene inviato ufficiosamente dal suo capo per indagare sul suicidio di Cesare Bonfigli, noto politico della regione.
Accattivante giallo all’italiana che dipinge una provincia oscura e corrotta proprio come la grande città. valeriotagliaferri.it
Al piacere di rivederla è un film del 1976 diretto da Marco Leto, tratto dal romanzo Ritratto di provincia in rosso di Paolo Levi. L'autore del romanzo fu anche sceneggiatore insieme con il regista, con Maurizio Costanzo e Ruggero Maccari

sabato 17 aprile 2021

Le seduttrici (A Good Woman) film del 2004 diretto da Mike Barker. (adattamento cinematografico de Il ventaglio di Lady Windermere di Oscar Wilde.)

Le seduttrici (A Good Woman) è un film del 2004 diretto da Mike Barker.
Il film, interpretato da Scarlett Johansson e Helen Hunt ed ambientato ad Atrani e Amalfi, è un adattamento cinematografico de Il ventaglio di Lady Windermere di Oscar Wilde.
New York, anni trenta. La signora Erlynne, reduce da due matrimoni, femme fatale dell'alta società, è messa in condizioni di abbandonare la città per l'ostracismo delle innumerevoli mogli esasperate dai tradimenti dei mariti. Così, vende i propri beni per pagarsi un viaggio ad Atrani e Amalfi, dove nella stagione estiva è pieno di ricconi di ogni tipo sui quali mettere gli occhi.
Giunta in Italia, la donna irretisce subito il giovane americano Robert Windermere con il quale viene vista sovente incontrarsi in segreto. La cosa fa immaginare che tra i due sia nata una relazione della quale tutti sembrano essere al corrente tranne la fresca sposa, Lady Meg Windermere. Questa è a sua volta insidiata da un amico di Robert, Lord Darlington, che insinuandole il dubbio la porta a guardare il libretto degli assegni del marito, nel quale c'è traccia di innumerevoli pagamenti alla signora Erlynne. Proprio il giorno della festa di compleanno di Lady Windermere tutti i nodi vengono al pettine.

La giovane donna, convinta che il marito la tradisca con Lady Erlynne, si prepara a tradirlo con Lord Darlington. Ma Lady Erlynne, che in realtà è la mamma di Meg, che lei crede morta, riesce a rimediare a tutto il pasticcio creato, a spese del suo stesso fidanzamento con il maturo Lord Augustus, ricchissimo e a sua volta divorziato. La donna restituisce anche l'ultimo assegno di Robert che per amore della moglie ha pagato la mamma di lei perché non si palesasse, turbando un equilibrio faticosamente raggiunto. Salutata amorevolmente la figlia, dopo aver spiegato tutto il malinteso, si fa da parte senza rivelare la sua vera identità.
  • Alcune donne portano la felicità ovunque vanno, altre ogni volta che vanno via. Io in entrambi i casi: ai mariti piace vedermi arrivare, alle moglie piace vedermi andare via. (Signora Erlynne)
  • Riuscissi a ingannare una ragazza così non sarei scapolo. (Lord Darlington)
  • Dedicarsi al tempo libero è la vera vocazione dell'uomo. (Lord Darlington)
  • È assurdo dividere le persone in buoni e cattivi, le persone sono o affascinanti o noiose. Io sono stato noioso. (Lord Darlington)
  • Se i pensieri degli altri fossero così importanti, non avrebbe senso averne di propri. (Signora Erlynne)
  • C'è qualcosa di peggio che essere oggetto di chiacchiere: passare inosservati e vivere una vita anonima. (Lord Darlington)
  • Dal momento che esistono amori senza matrimonio, esisteranno pure matrimoni senza amore! (Contessa Lucchino) 
Il ventaglio di Lady Windermere (titolo originale Lady Windermere's Fan) è una commedia in quattro atti di Oscar Wilde scritta nel 1892 e rappresentata per la prima volta il 20 febbraio 1892 al St James's Theatre di Londra.

venerdì 16 aprile 2021

#ParoleSenzaTempo. La stanza dello scirocco film diretto da Maurizio Sciarra, tratto dall'omonimo romanzo di Domenico Campana.

La stanza dello scirocco è un film del 1998 diretto dal regista Maurizio Sciarra. La pellicola è tratta dall'omonimo romanzo di Domenico Campana del 1986.
Con Giancarlo Giannini, Paolo De Vita, Tiziana Lodato, Francesco Benigno, Tony Sperandeo, Valentina Biasio, Lucia Sardo, Maria Terranova, Paola Pace, Maria Rosa Sapienza, Mimmo Cuticchio, Nino Cuticchio, Giorgio Guerrieri, Santo Pennisi, Antonello Puglisi, Pasquale Spadola, Anfleo Milazzo, Giorgio Sparacino, Ignazio Pappalardo, Antonello Grimaldi. Musiche composte da Eugenio Bennato.
Un anziano marchese, perseguitato dal fascismo, ritorna in patria per poter vendere una proprietà. Al suo arrivo nell'incendio del suo palazzo muore il suo maggiordomo. Per non subire le persecuzioni, il Marchese di Acquafurata decide di sostituirsi a lui per poter portare a termine indisturbato il suo piano. Il Partito fascista vorrebbe appropriarsi del palazzo. Ma invece il Marchese, complice il notaio Spatafora, fa ritrovare un falso testamento in cui si regala il palazzo alla coppia più povera del paese.
Entrano in possesso del palazzo due giovani sposi, Vincenzo Labate e sua moglie Rosalia. La bellezza e la ritrosia della giovane donna fanno innamorare l'anziano marchese, che dopo la partenza del marito, confessa il suo amore a Rosalia. La casa ha nel sottosuolo una stanza dello scirocco, sulla quale aleggia una leggenda. Costruita da architetti arabi, si dice che gridando tre volte al suo interno, tutto il palazzo crollerà, senza lasciare scampo ai nemici. Nella stanza si consuma il folle amore tra i due, fino a che i genitori di lei, che hanno subodorato i sentimenti della figlia per il Marchese, non la costringono a lasciare il palazzo per tornare a casa loro. Il Marchese la insegue, le dice che l'aspetterà nella stanza dello scirocco, e da lì la porterà con sé a Parigi, dopo aver beffato i suoi inseguitori fascisti. Ma l'attesa è vana. Al Marchese, in preda al deliro, sembra di sentire la voce della giovane, le urla il suo amore per tre volte, e il palazzo gli crolla addosso. Oramai disilluso, l'uomo va verso la fuga, al mare lo aspetta un motoscafo che lo porterà in salvo. Ma proprio lì troverà Rosalia, e insieme fuggiranno verso la libertà.
La stanza dello scirocco - quasi una leggenda, quasi una metafora - è una particolarità dell'architettura diciamo nobiliare della Sicilia: la stanza in cui trovare riparo e ricreazione nelle ore in cui il vento di sud-est dissecca, come dice l'antico poeta, la mente e le ginocchia. La si può anche immaginare come al centro di un labirinto, con dentro un Minotauro nato da ogni capricciosa e ardua promiscuità. A riparo del tempo meteorologico, la stanza dello scirocco è anche al riparo del tempo storico: per cui traslucide sovrapposizioni di epoche e di eventi vi si possono ricreare o, convergendo in un solo punto, dissolvervisi. Qualcosa di simile e con tentacolari significati, si ha il senso che accada in questa «storia» di Domenico Campana: quasi che la metafora del racconto di Nathaniel Hawthorne, cui l'autore fa ad un certo punto riferimento, venisse a calarsi in altra metafora: siciliana, «gattopardesca».
  • Domenico Campana
  • La stanza dello scirocco
  • 1986

  • La memoria n. 127
  • 124 pagine
  • EAN 9788838902895

sabato 10 aprile 2021

La medea di Porta Medina di Mastriani Francesco

Il romanzo è del 1881.L’incipit merita la citazione: “Verso i principii di questo secolo, alle mura di Castel Capuano o della Vicaria, come più comunemente dicesi dal nostro popolino, dalla parte che risponde alla cappella in cui venivano rinchiusi i condannati a morte, si vedevano esposte sei teste di afforcati.”.
Sono le teste di sei terribili assassini, tre donne e tre uomini.
Il romanzo si interessa di una di queste donne, Coletta Esposito. Trovatella (“era stata gittata nella famosa Buca la sera del 5 marzo 1774”), viene presa in moglie da “un certo Nunzio Pagliarella”, rigattiere “in fama di pessimo arnese”, “un ometto col viso tutto brizzolato di bollicole e pustole e col naso mangiato nelle amorose campagne, con un fulvo parrucchino in capo con l’appendice del codino, con due grosse gambe storte e marciose e con una indecente ventraia.”. Guarito dalla lue, mantiene la promessa fatta alla Madonna di sposare una delle trovatelle (“figlie della Madonna”) rinchiuse nella Santa Casa dell’Annunziata, ed esposte ogni anno, il 25 marzo, giorno dell’Annunziazione, al fine delle nozze.
Il cognome Esposito era comune a tutti i trovatelli.
Coletta aveva cercato di respingere il pretendente Nunzio.
Da subito capiamo che dovremo tenere d’occhio una certa dama che fa la sua comparsa all’improvviso, di cui ancora non si sa il nome, che cerca di evitare il matrimonio con il malaticcio e storpio Nunzio, e offre a Coletta di fare la domestica a casa sua, o in alternativa accettare una dote di mille ducati in caso di scelta delle sciagurate nozze: “Non mi sento di fare la serva. Accetto la dote, e sposerò il vecchio, purché questa dote sia a titolo di donazione a me fatta e della quale io possa liberamente disporre a mio piacimento.”.
Alla vista dei mille ducati, ecco che Mastriani ci dà un segnale e un più che esplicito avviso con questa descrizione: “Gli occhi di Coletta brillarono di fosca luce alla vista di quell’oro; e uno strano sorriso le balenò sul labbro.”.
Alcuni giorni dopo la Pasqua del 1792, si celebrano le nozze: “La sposa avea diciotto anni; lo sposo, sessantaquattro.”.
Volete sapere come trascorse la prima notte di matrimonio? Male, malissimo, e si può dire che non ci fu. L’avvertimento di Coletta fu più che esplicito e definitivo: “Senti, brutto vecchio infistolito, carogna fradicia di orangotango, se tu ardisci di mettermi addosso le tue mani schifose o di toccarmi un’altra volta il viso con quel tuo muso di porco ti giuro per la Madonna dell’Annunziata che io ti strozzo con le mie mani e ti caccio fuori cotesti tuoi occhi ripieni di caccole. Ah! tu ti pensi che io ti abbia sposato veramente, e che tu possa fare di me il tuo piacimento! Puh! per la faccia tua fetente, ti voglio far pagare ben caro la vergogna che tu mi fosti cagione nel mezzo delle mie compagne quando ti colse il prurito di lanciarmi addosso il tuo fazzoletto [era il segnale della scelta]. Io non so chi mi tenesse allora che io non ti mettessi le mani al collo e ti strangolassi, od almeno che io non ti sciupassi cotesto sucido parrucchino che ti copre la zucca. Sappilo una volta per sempre, che io ti ho sposato per i mille ducati che mi dette quella signora, che certamente dovette essere la Madonna che ebbe di me compassione; ma non darti a credere che tu possa rappresentar mai a quattr’occhi con me la parte di marito, perché se ciò tu ti attenti di fare, ti sgraffio con le mie unghie tutte coteste bollicine che hai sul viso, e ti fo piovere sangue come un santo Lazzaro. Hai capito, buffone? Ora vatti a digerire il vino, e lasciami tranquilla, che io passerò qui il resto della notte; e domattina vedremo come si hanno da acconciare queste partite.”. www.bartolomeodimonaco.it
La medea di Porta Medina
EAN: 9788870332872
Data di uscita: 01/07/1988Pagine: 284

venerdì 9 aprile 2021

#PasseggiArte2021parolesenzatempo. Mario Benedetti - La tregua

“Signore maturo, esperto, posato, quarantanove anni, senza gravi acciacchi, ottimo stipendio”: cosí si descriverebbe Martín Santomé, il protagonista di questo classico della letteratura sudamericana. Schiacciato dalla noia di una vita da impiegato di commercio, vedovo con tre figli ormai grandi, guarda al trascorrere del tempo con tranquilla disillusione. E tutto rimarrebbe immobile fino al suo pensionamento, se in ufficio non venisse assunta la giovane Avellaneda, timida e chiusa in una silenziosa bellezza: per lei Santomé sente nascere un amore insperato, che lo porterà a vivere una relazione clandestina, rimettendo il tempo in movimento. Come Svevo in Senilità, La tregua racconta la capacità straordinaria che ha la vita di prendere il vento e gonfiare le vele, per poi, caduto il vento, tornare alla quiete della bonaccia. Con questo romanzo Benedetti ha acquistato notorietà internazionale: il libro ha avuto piú di cento edizioni, è stato tradotto in una ventina di lingue e adattato per il teatro, la radio, la televisione e il cinema. www.edizioninottetempo.it
Mario Benedetti
La tregua
ISBN 9788874525188
Data di pubblicazione: 16-10-2014
N. Pagine: 248
Formato libro: 14x20
Traduzione di Traduzione di Francesco Saba Sardi
Uscito nel 1960, La tregua è un “piccolo classico della letteratura sudamericana“, riscoperto oltre quarant´anni dopo grazie alla pubblicazione da parte dell´editore nottetempo (con la traduzione di Francesco Saba Sardi).
Quello che leggiamo è il diario di Martín Santomé: quarantanovenne di Montevideo, vedovo con tre figli, impiegato di commercio prossimo alla pensione.
Tutto è stato sempre troppo obbligatorio perché potessi sentirmi felice.
Una voce disincantata, malinconica, la voce di un uomo fondamentalmente molto solo che si costringe a far scorrere la vita senza grandi scossoni, emozioni e coinvolgimenti. Eppure gli scossoni arrivano che lo si voglia o no, emozioni e coinvolgimenti anche.
Nel suo ufficio vengono assunti nuovi impiegati, tra cui Laura Avellaneda, ventiquattrenne che liquida inizialmente come trascurabile, per poi innamorarsene follemente (e da lei ricambiato). Così vediamo Santomé lasciarsi poco a poco andare, abbandonarsi a un sentimento che quasi gli sembra nuovo: un sentimento che si nutre di presente, che resta sempre discreto pur facendosi sempre più intenso.
Abbiamo mangiato. Parlato. Riso. Fatto l´amore. È andato tutto talmente a gonfie vele, che non vale la pena di scriverne. Mi sto ripetendo: “Fa´ che duri,” e per fare pressione sul buon Dio tocco legno.
La loro relazione inizia come clandestina, anche per via della differenza d´età. Santomé tituba e si chiede se le tue remore riflettano un grande amore nei confronti di Avellaneda o siano, piuttosto, fatte d´egoismo ed inerzia.
C´è quella che si chiama realtà, e ci sono quelle che si chiamano le apparenze. […] Io la amo a livello di quella che si chiama realtà, ma i problemi si pongono quando penso a quelle che si chiamano apparenze.
Ma ciò non gli impedisce di affittare ed arredare un appartamentino solo per loro due, non gli impedisce nemmeno di passeggiare insieme per le vie della città, sfilando davanti alla Suocera (ovvero la madre della defunta moglie).
Avellaneda — chiamata sempre per cognome da Santomé — è un personaggio straordinario, così sperduta e delicata, che ama di un amore così ingenuo e tuttavia (o forse proprio per questo) così tenace. È lei, più che Santomé, a rendere questo romanzo eccezionale.
A volte ho l´impressione che Avellane da sia come uno stampo che mi si è sistemato nel petto e che lo dilati e lo renda ogni giorno un po´ più capace di provare emozioni.
La scrittura di Benedetti è asciutta eppure lirica, sembra dire poco ma suggerisce tantissimo. E sarà per la forma diaristica, che in qualche modo stimola l´empatia, ma soprattutto le ultime pagine — quelle che seguono il colpo di scena che proprio non ci si aspetta — fanno cadere d´improvviso sul lettore una sensazione di struggimento fuori dal comune.
La tregua è un libro dolente e doloroso, davvero a suo modo un piccolo capolavoro.
È evidente che Dio mi ha riservato un destino oscuro. Non proprio crudele. Semplicemente oscuro. È evidente pure che mi ha concesso una tregua. www.elisaocchipinti.com