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domenica 11 ottobre 2020

Fuoco su di me è un film del 2006 diretto da Lamberto Lambertini, con Omar Sharif.

Fuoco su di me è un film del 2006 diretto da Lamberto Lambertini, con Omar Sharif.
Questo film è riconosciuto come d'interesse culturale nazionale dalla Direzione generale Cinema e audiovisivo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo italiano, in base alla delibera ministeriale del 4 aprile 2001.
Napoli 1815, ultimi mesi del regno di Gioacchino Murat. Trionfi e tragico epilogo di quel re che seppe infiammare e trascinare il popolo napoletano nel sogno, forse prematuro, di un'Italia unita e indipendente. In quel tempo il giovane Eugenio, dopo anni di lontananza in Francia, torna a Napoli, sua città natale, a causa di una ferita riportata in battaglia, richiamato dall'amatissimo nonno, vecchio aristocratico alle prese con la stesura di un suo "Diario Napoletano".
Lo spiazzo davanti ad un castello. Il plotone schierato per la fucilazione. Gioacchino Murat, ex re di Napoli, ordina lui stesso il fuoco, incitando di mirare al petto. Fra i boschi il giovane Eugenio fugge inseguito dai soldati. Si apre e si chiude con queste scene il lavoro di Lambertini, in cui lo sfondo storico (1815) di una Napoli sempre fra comicità e dramma, oleografia e bellezza, serve alla storia di due caratteri, o meglio due possibili modi di essere uomini. Quello del Principe Nicola, alle prese con la stesura di un “Diario Napoletano” e quella del giovane Eugenio, soldato senza vocazione, alla ricerca di sé stesso. Un inatteso sbarco a Procida precipita il giovane nell’amore “assoluto” – romantico – per Graziella, irrealizzabile. Ma non rinuncia, nonostante le accuse di disfattismo del pragmatico cugino Aymon, all’idea di un proprio percorso interiore, rifiutando violenza, guerra, autoaffermazione esclusiva. Eugenio diventa così lo specchio del nonno Nicola. Quanto questi è incapace di agire conseguentemente agli ideali, tanto lui, nel finale “aperto” in cui si getta da un precipizio, compie la scelta della libertà interiore. Opera drammatica, la cui ricchezza di contenuto si condensa nei temi dell’amore, della libertà, della gentilezza, della famiglia, come vie di una ricerca di sé stessi, allora come ora. Ben girato negli interni, il film mantiene un andamento teatrale, con dialoghi letterari che ne rendono il ritmo talora lento, anche per l’insistenza su figure di contorno ( l’eremita, il burattinaio…), ma non distolgono dalla riflessione, il che è forse lo scopo vero del regista. Intense le interpretazioni, da quella commossa di Omar Sharif (Nicola), al volitivo Massimiliano Varrese (Eugenio) alla “mediterranea” Sonali Kulkarni (Graziella), favorite dall’indugiare sui primi e primissimi piani della mdp. Premiato alla 62a mostra del Cinema veneziano per “Cinema per la cultura del dialogo”. Mario Dal Bello
Regia Lamberto Lambertini
Sceneggiatura Lamberto Lambertini, Sergio Scapagnini
Fotografia Pino Sondelli
Montaggio Anna Napoli
Musiche Savio Riccardi
Scenografia Carlo De Marino, Luigia Battani
Costumi Annalisa Giacci
Edizioni musicali RaiTrade
Effetti speciali Guido Pappadà
Una produzione Sergio Scapagnini Per Indrapur Cinematografica
E Stella film
Fuoco Su Di Me. Quante Storie Per Un Film a cura di L. Lambertini

sabato 3 ottobre 2020

Ninfa plebea film del 1996 diretto da Lina Wertmüller, tratto dall'omonimo romanzo di Domenico Rea

Ninfa plebea è un film del 1996 diretto da Lina Wertmüller, tratto dall'omonimo romanzo di Domenico Rea, vincitore del Premio Strega 1993.
Riconoscimenti
« Ritornò a casa così stordita da sentire il bisogno di stendersi sul letto. La sua testa andava dalla rana al rano, dalla vacca al toro, e da sua madre a Di; pervenendo alla conclusione che era tutto così fra uomini e fra animali; che, forse, quella cosa era il motore della vita. »
(Domenico Rea, Ninfa plebea)
Ninfa plebea è un romanzo dello scrittore Domenico Rea pubblicato nell'ottobre del 1992 per i tipi della Leonardo Editore. L'opera si aggiudicò il Premio Strega nel 1993 e ispirò successivamente il film omonimo, uscito nel 1996 per la regia di Lina Wertmüller. Scritto a più di trent'anni di distanza dal primo (Una vampata di rossore), è il secondo ed ultimo romanzo dello scrittore campano.
La vicenda si snoda a Nofi, città immaginaria a trenta chilometri a sud di Napoli, a partire dalla seconda metà degli anni trenta fino al 1945.
Da quelle parti, in un basso che “per l'epoca si poteva considerare quasi rispettabile”, vive la giovane Miluzza con la sua famiglia: il padre Giacchino è un modesto sarto, la mamma Nunziata – dal temperamento focoso, vera guida della famiglia – aiuta il marito nell'attività, mentre il nonno Fafele è un apprezzato pizzaiolo.
L'ignoranza e la promiscuità del ménage familiare non risparmiano nulla alla giovane, a dispetto dei suoi tredici anni. “Cresciuta ed educata pressappoco come un pollo da cortile”, Miluzza è abituata ai lavori pesanti. Insieme ad Annuzza, l'amica del cuore con cui stringe un ambiguo sodalizio, esplora le prime meraviglie del sesso. La sua bellezza impubere richiama le attenzioni della cantiniera Moschella, del negoziante don Procolo e finanche del parroco don Aspreno, cui Miluzza è periodicamente comandata a rinfrescare le piaghe causate dall'obesità.
D'altra parte, in tutta Nofi è ben nota l'irrefrenabile sessualità della madre Nunziata che non esita a intrattenersi con i soldati dietro il paravento della sala prove. Il pregiudizio dei compaesani e le naturali pulsioni dell'adolescenza sembrano quindi predestinare Miluzza a un amaro futuro di servilismo e prostituzione. Solo il debole padre Giacchino vorrebbe proteggerla, evitarle una tragica presa di coscienza, arrivando a rimproverare Nunziata di “sbrigarsi” negli istanti in cui la scellerata consuma le sue sfrenate passioni al riparo della tenda.....
La guerra piomba nella storia in tutta la sua crudezza: è il 21 giugno 1943, Nofi viene bombardata a più riprese e gli abitanti riparano in una vecchia tufara abbandonata.
Miluzza rifiuta di recarsi al ricovero, barricandosi in casa. È così che dà ricetto a Pietro, un giovane soldato ferito e in fuga verso Corbara, il suo paese di origine. Dapprima lo cura, quindi lo assiste nel suo ritorno a casa, guidandolo tra i monti di Nofi. Il viaggio, il pericolo e la straordinarietà degli eventi segnano l'animo dei due giovani battezzando una serena e sincera unione. La famiglia di Pietro accoglie Miluzza a braccia aperte.
La semplicità della vita di campagna e la schiettezza dei nuovi sentimenti la affrancano dal suo angoscioso passato. A guerra finita i due si sposano, nel segno di un miracoloso e catartico ritorno ad un'originaria purezza. https://it.wikipedia.org