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venerdì 31 maggio 2019

Un racconto emblematico dei nostri tempi, Hisham Matar Il ritorno

Hisham Matar è il vincitore del premio Pulitzer 2017 nella categoria «Biography or Autobiography» conIl ritorno.

«Un appassionante racconto d'amore e speranza, e anche una toccante meditazione sul dolore e la perdita». 
Colm Tóibín 
« Il ritorno mi ha fatto piangere e mi ha dato un insegnamento sull'amore e sulla casa». 
Chimamanda Ngozi Adichie 
«Trionfo dell'arte sulla tirannia, affascinante nella costruzione, emotivamente intenso, Il ritorno è un tesoro da lasciare ai posteri». 
Peter Carey

Il ritorno
Padri, figli e la terra fra di loro 

Hisham Matar racconta la Libia con una storia che ci riguarda tutti

The return. Fathers, sons and the land in between (Penguin 2016) è l’ultimo libro di Hisham Matar, scrittore di origini libiche che vive tra Londra e New York.
Il tema centrale del libro, di cui a breve uscirà la traduzione in italiano per Einaudi, è la ricerca del padre: un tema non nuovo per Matar, che lo aveva già affrontato in due romanzi precedenti (Nessuno al mondo, Einaudi 2006; Anatomia di una scomparsa, Einaudi 2011) ma che in The return diventa ancora più personale.
The return infatti non è un romanzo, anche se si legge come tale. È il racconto struggente e potente di un ritorno in patria, quello dell’autore stesso, dopo un esilio durato più di trent’anni, e della ricerca di un padre scomparso, il suo. Ma è anche un’autobiografia, un diario, una cronaca giornalistica, un giallo, un lungo poema in prosa e un volume di storia recente sulla Libia.
Il libro si apre con il ritorno dell’autore a Tripoli nella primavera del 2012, in un paese finalmente libero dalla dittatura che lo aveva strangolato per 42 anni. Hisham Matar viene da una famiglia di dissidenti politici conosciuti in tutto il paese. Suo nonno, Hamed, aveva lottato contro il colonialismo italiano. Suo padre, Jaballa, un industriale, un intellettuale e un attivista, era diventato in breve tempo la figura principale tra gli oppositori al regime di Gheddafi
Il ritorno di Hisham Matar (traduzione di Anna Nadotti, Einaudi) si muove intorno a due date: il 1990, in cui Jaballa Matar, il padre del narratore, leader dell’opposizione a Gheddafi, viene rapito al Cairo e portato a Tripoli nella prigione di Abu Salim e il 2012, quando Hisham Matar, insieme alla madre, al fratello e alla moglie, vola in Libia con l’intento di raccogliere testimonianze sul padre scomparso. I ventidue anni che passano tra il sequestro del padre e il ritorno in patria dei familiari sono anni in cui Hisham termina gli studi in Inghilterra, si trasferisce negli Stati Uniti, si sposa, scrive libri, ma sono tutti anni dominati dall’assenza di una figura fondamentale e dall’angoscia per la sua sorte. Hisham Matar ricostruisce la figura del padre, giovane appassionato di poesia, alto ufficiale dell’esercito, diplomatico, imprenditore di successo, leader nato, patriota convinto, ma ricostruisce anche il proprio tormento di Telemaco bloccato dall’assenza di Ulisse, di esule oberato dai sensi di colpa e impegnato in battaglie pubbliche. C’è nel libro anche la storia del nonno Hamed, vissuto oltre cent’anni, deportato in Italia dai fascisti e riuscito miracolosamente a fuggire e tornare in patria (quella degli italiani in Libia è la storia poco raccontata di un genocidio). Il ritorno è il racconto di una formazione tutta condizionata dalle circostanze politiche e del tentativo di resistere con ogni mezzo all’annientamento psicologico. Un racconto emblematico dei nostri tempi, delle ambiguità dell’Europa che fa affari con i regimi totalitari invece di contrastarli, e un racconto universale sui destini stritolati dalla Storia.

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